I finanzieri del servizio centrale investigazione sulla criminalità organizzata (S.c.i.c.o.) e del G.i.c.o. del nucleo di polizia economico-finanziaria di Bari, con il supporto di militari dei gruppi del corpo di Ravenna e Forlì, stanno dando esecuzione a un provvedimento di confisca definitiva – emesso dalla prima sezione penale della Corte d’Appello di Bari – di beni immobili del valore complessivo di oltre 4 milioni di euro, tra i quali fabbricati e fondi agricoli ubicati nelle province di Ravenna e Forlì.
E l’epilogo di una “tranche” della complessa e articolata attività investigativa denominata convenzionalmente ‘Baccus’, coordinata dalla locale Dda e svolta dallo Scico e del Gico Bari e dalla compagnia di San Severo, congiuntamente con la squadra mobile di Foggia.
In particolare, le investigazioni – svolte, essenzialmente, attraverso intercettazioni telefoniche e ambientali nonché accertamenti bancari – avevano permesso di disvelare l’esistenza e l’operatività di un’associazione criminale con base operativa in provincia di Foggia, finalizzata alla commissione di molteplici e gravi fattispecie delittuose, tra le quali l’usura e l’estorsione aggravate dal metodo e dalla finalità mafiose, nonché di frodi fiscali in danno dell’erario e dell’Unione Europea attraverso l’emissione e l’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti da parte di numerosi soggetti economici controllati dal sodalizio anche per il tramite di prestanome.
Ingegnoso è risultato il modus operandi adottato dall’organizzazione criminale con le imprese “cartiere” foggiane che emettevano fatture per operazioni inesistenti – in relazione a fittizie forniture di mosto – in favore di una società vitivinicola con sede a Ravenna collegata all’organizzazione criminale che, in questo modo, acquisiva ingenti crediti fiscali nonché il diritto ad accedere ad aiuti comunitari erogati dall’Agea.
Quindi, la società ravennate pagava tali forniture fittizie alle imprese “cartiere” foggiane con bonifico e maggiorazione dell’Iva impiegando disponibilità finanziarie provento delle attività illecite commesse dall’organizzazione criminale e, nel contempo, conseguiva indebiti rimborsi fiscali per oltre 11 milioni di euro e illeciti contributi comunitari per oltre 18 milioni di euro.
L’11 giugno 2012, il competente Gip del Tribunale di Bari, accogliendo la proposta formulata dalla locale Dda fondata sul solido compendio indiziario acquisito dalle Fiamme Gialle, aveva emesso un provvedimento applicativo di misure cautelari personali nei confronti di 24 soggetti (17 in carcere e 7 agli arresti domiciliari), indagati – a vario titolo – del reato di associazione per delinquere finalizzata all’usura e all’estorsione, aggravate dal metodo mafioso, truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche e frode fiscale, convalidando altresì un provvedimento di sequestro di beni emesso d’urgenza dal pm titolare del fascicolo penale – per un valore complessivo di circa 15 milioni di euro.
Il 1° febbraio 2019 la Corte di Appello di Bari aveva condannato sei imputati per associazione per delinquere finalizzata alla truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche e alla frode fiscale, disponendo la confisca di fabbricati e fondi agricoli ubicati nelle province di Forlì e Ravenna, per un valore di oltre 4 milioni di euro. Tale sentenza è divenuta oggi irrevocabile, comportando la confisca definitiva dei beni.
Nel medesimo contesto investigativo, il 10 marzo di quest’anno il G.i.c.o. di Bari – con la collaborazione delle compagnie del corpo di Foggia, Trani e Ravenna, ha eseguito quattro “ordini di carcerazione” emessi dalla procura generale della Repubblica presso la Corte d’Appello di Bari – Ufficio Esecuzioni Penali – nei confronti di altrettanti soggetti condannati a vario titolo per i reati di associazione per delinquere finalizzata alla commissione di frodi in danno dell’erario e dell’Unione Europea. Nei loro confronti è stata disposta, altresì, la sospensione dell’esecuzione della pena detentiva.