Ucciso per vendetta, dopo aver commesso un furto ai danni della persona sbagliata: è questa una delle ipotesi, ma non l’unica, seguita dagli inquirenti in merito all’omicidio di Pietro Russo, il 32enne assassinato, la sera del 28 dicembre, davanti alla sua abitazione, alla periferia di Foggia.

Una esecuzione in piena regola, con la vittima raggiunta all’addome da diversi colpi di pistola, calibro 9, esplosi da distanza quasi ravvicinata, probabilmente dopo aver aperto la porta di casa al killer.

Almeno 5, per adesso, i sospettati per l’omicidio. Gli stessi che sono stati sottoposti dai Carabinieri all’esame Stub, per verificare la presenza di tracce di polvere da sparo su mani, viso e vestiti. I militari hanno anche ascoltato una decina di persone, tra parenti e amici del 32enne, per ricostruire le ultime ore di vita dell’uomo.

Quello che è certo è che era solo al momento dell’agguato. La moglie e i quattro figli (la più piccola di soli 2 anni) non erano in casa. Quando i soccorritori sono arrivati sul posto, hanno trovato il cadavere sull’uscio, riverso nella parte interna dell’abitazione

Sul fronte delle indagini, è poco battuta dagli inquirenti, coordinati dal pm della Procura di Foggia, Vincenzo Bafundi, la pista del delitto maturato negli ambienti della criminalità organizzata locale. La vittima, infatti, non avrebbe avuto particolari legami con i clan malavitosi della città.

In passato, aveva avuto piccoli precedenti per reati contro il patrimonio, in particolare furti negli appartamenti. Nel giugno del 2015 l’uomo venne arrestato, assieme ad altre tre persone, nel corso di un blitz messo a segno dalla Squadra Mobile nel quartiere Candelaro.

L’operazione, denominata “Chicago”, ricordando il clima dell’America degli anni ’20, venne eseguita dopo una sparatoria avvenuta per futili motivi: due gruppi rivali scatenarono un conflitto a fuoco a causa di una birra non pagata dopo una partita a carte.