Da quasi trent’anni attende una verità giudiziaria. Non ha mai smesso di sperare di conoscere i volti di mandanti ed esecutori dell’assassinio di suo papà, Francesco Marcone, il direttore dell’Ufficio Registro di Foggia, ucciso con due colpi di revolver la sera del 31 marzo del 1995 nell’atrio del portone della sua abitazione di via Figliola al civico 17 dopo aver scoperto e denunciato alcuni illeciti amministrativi. Un omicidio consumato in pieno centro e senza condanne. Una lunga serie di indagini aperte ed archiviate fino ad un supplemento di indagini ottenuto nel 2001, quando nel registro degli indagati viene inserito un uomo, sospettato di aver fornito l’arma agli esecutori materiali dell’omicidio ma morto poco dopo in un incidente stradale mentre era ai domiciliari. Ed è proprio contro le scarcerazioni che Daniela Marcone, referente nazionale di Libera e figlia di Francesco Marcone, punta il dito, memore di quello che accade nell’inchiesta sulla morte del padre.

Trent’anni hanno in parte attutito la rabbia. Resta il dolore e in fondo la segreta speranza di conoscere un giorno chi ha armato la mano del killer di Francesco Marcone e chi ha ordinato l’uccisione di un uomo dello Stato ligio al suo dovere.