Ha fatto scalpore l’articolo di Fabrizio Gatti de L’Espresso sul Gran Ghetto, in cui si parlava delle presunte persecuzioni che i cristiani avrebbero subito in questi anni, dove, è scritto nel pezzo, non potrebbero professare la loro religione perché contrastati dai musulmani.
“La notizia pubblicata il 22 agosto non corrispondente al vero – si è affrettato a replicare il direttore della Caritas di Foggia, don Francesco Catalano -. In copertina viene mostrata una croce bruciata che, secondo il giornalista, sarebbero i resti di una croce appartenente ad una baracca-chiesa bruciata da alcuni musulmani, che vieterebbero ai cristiani di vivere la propria fede e di esporre i segni religiosi. Dico chiaramente che la notizia è falsa se non fosse per il fatto che quella croce l’abbiamo costruita noi di recente e non due anni fa, con i resti delle baracche bruciate a causa dell’incendio avvenuto lo scorso 15 febbraio”.
In particolare quella croce di legno è stata realizzata dagli operatori del Progetto Presidio della Caritas di Foggia. Ed è stata realizzata a febbraio scorso, dopo che le capanne di cartone del Gran Ghetto furono incenerite dalle fiamme.
“Mi chiedo il perché di questo terrorismo dell’informazione – aggiunge don Francesco Catalano -. Un’idea però me la sono fatta; dopo l’uccisione avvenuta il 26 luglio di un prete di 84 anni in una chiesa di Saint-Etienne-du-Rouvray per mano di due fanatici dell’Isis, fui raggiunto da una telefonata da parte di una giornalista, la quale voleva sapere com’erano i rapporti tra migranti di fede musulmana e quelli di fede cristiana. Io risposi che sono buoni e che non si erano mai registrati episodi di intolleranza. Ho avuto l’impressione che la mia risposta abbia deluso le aspettative della giornalista, che forse avrebbe desiderato che io dichiarassi il contrario per poter poi spendere fiumi di inchiostro su questo tema”.
