La settimana scorsa i Carabinieri delle Stazioni di San Severo e San Paolo di Civitate, al termine di una delicata e fulminea attività di indagine sul triste fenomeno dello sfruttamento della prostituzione, hanno fatto irruzione in un casolare nelle campagne di Marina di Lesina. Terribile la scoperta dei Carabinieri: nel perimetro del casolare, completamente recintato anche con filo spinato, sono state trovate alcune baracche dove erano state allestite una serie di “camere da letto”, più simili ad autentiche celle, dove erano state segregate e impossibilitate ad allontanarsi giovanissime donne, tutte di nazionalità bulgara, tenute sotto stretta vigilanza dai loro aguzzini. Vere e proprie prigioniere, le donne quando non erano sulla strada a “lavorare” venivano costrette in stanze in condizioni igieniche e di sicurezza inaccettabili, chiuse dall’esterno con dei lucchetti per impedire loro di allontanarsi. All’interno delle “camere”, di dimensione di pochi metri quadri, lo stretto necessario per la sopravvivenza: una lampadina, una stufa e nessuna finestra, sempre per rendere loro impossibile la fuga.

Le indagini che hanno portato i militari al ritrovamento shock erano iniziate soltanto pochi giorni prima, a seguito della coraggiosa denuncia di una ventenne, anch’essa bulgara. La giovane aveva riferito le modalità con cui i suoi aguzzini la portavano lungo la statale 16, tenendola sempre sotto controllo per evitare che potesse allontanarsi o chiedere aiuto alle Forze dell’Ordine. Al termine della giornata veniva poi riportata, sempre insieme alle altre, nel casolare, dove venivano rinchiuse, e chi non era riuscita a guadagnare almeno cento euro veniva oltretutto anche picchiata con una mazza.

A seguito della denuncia i Carabinieri hanno quindi eseguito una serie di servizi di appostamento, che hanno in breve consentito di individuare l’autovettura con la quale le ragazze venivano portate sulla statale, principalmente nei pressi del bivio per Ripalta, e infine di localizzare con esattezza il casolare, ben descritto dalla giovane.
All’atto dell’accesso, dopo aver forzato i lucchetti posti al cancello del casolare, i militari si sono trovati di fronte dieci donne, la maggior parte delle quali di età compresa tra i 20 e i 25 anni, e un uomo, un italiano, il proprietario del casolare, che, unico trovato in possesso delle chiavi di accesso, era appena tornato con un’altra ragazza in auto.

Portati tutti al Comando Compagnia di San Severo, le più giovani, superato un primo momento di sospetto e paura, hanno iniziato a raccontare i soprusi che avevano dovuto subire e le modalità con cui erano state costrette a prostituirsi, e proprio dalle loro dichiarazioni sono così venute allo scoperto gravissime responsabilità di tre di loro, che avevano tentato di confondersi con le vere vittime. Si è potuto allora capire che queste tre, sorprese sì anch’esse nel casolare, ma in stanze decisamente diverse da quelle occupate dalle altre, senza lucchetti, con finestre, più pulite e ordinate, avevano un ruolo di controllo e supervisione sul lavoro delle poverette, accompagnandole e controllandone l’attività sulla strada, rifornendole dei preservativi e tenendo la contabilità di quanto guadagnato da ciascuna.

Dall’ascolto delle ormai, finalmente ex schiave è inoltre emerso che l’anziano proprietario della “prigione” spesso si recava nel casolare, e che mensilmente ritirava il denaro dalle tre carceriere sue complici.
I racconti delle ragazze hanno poi permesso di individuare un altro casolare, in una campagna a poca distanza dal primo, dove avevano riferito che viveva una coppia di loro connazionali, complici del loro schiavista italiano. Si è quindi proceduto a individuare anche questo secondo sito e, una volta trovato, è scattata una seconda perquisizione. La coppia di bulgari rintracciata possedeva tutti i documenti sottratti alle ragazze, nella convinzione di non poter essere scoperti.

I reati contestati sono gravissimi: induzione, sfruttamento e favoreggiamento della prostituzione, oltre a profili inerenti il reato di riduzione in schiavitù, ora al vaglio dell’Autorità Giudiziaria. Le ragazze liberate, dopo aver potuto rassicurare le rispettive famiglie, sono state affidate ad alcune comunità protette, mentre sono stati portati nel carcere di Foggia:
Parigino Emanuele Nazzarareno, cl. ’45;
Petrova Maria, cittadina bulgara, cl. ’94;
Lyubenova Kameliya, cittadina bulgara, cl. ’89;
Yankova Maya, cittadina bulgara, cl. ’83;
Georgev Boyko, cittadino bulgaro, cl. ’91;
Petkova Petya, cittadina bulgara, cl. ’95.

Gli ultimi due, trovati nella seconda fase dell’attività, sono stati denunciati anche per furto di energia elettrica, essendo stato trovato nell’abitazione che occupavano un allaccio abusivo alla rete pubblica.