Alle prime luci dell’alba i Carabinieri del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale di Foggia hanno eseguito un’Ordinanza di Custodia Cautelare in carcere, emessa dal GIP presso il Tribunale di Bari su richiesta della Procura Distrettuale Antimafia nei confronti del capo e di un altro elemento di spicco del clan DITOMMASO di Cerignola.

A finire in manette per i reati di rapina, tentata estorsione, autoriciclaggio e violenza privata, tutti aggravati dall’avere agito con il metodo mafioso, sono stati i cerignolani Stefano Ditommaso, classe ’69, e il nipote  Antonio Rubbio, del ’90, ritenuti rispettivamente capo ed elemento di vertice del clan DITOMMASO, conosciuti anche col soprannome “TADDONE”, attivo a Cerignola e nei comuni del basso tavoliere, e con base logistica nel quartiere San Samuele del centro ofantino. Un’altra persona, destinataria dello stesso provvedimento, non essendo stata trovata al momento dell’esecuzione è tuttora attivamente ricercata.

Il provvedimento cautelare scaturisce da un complesso impianto d’indagine predisposto dal Nucleo Investigativo di Foggia a seguito della rapina ai danni di un imprenditore, al quale, nel mese di dicembre 2015, in pieno giorno fu sottratta con violenza un’autovettura di ingente valore. Nel corso della rapina la vittima fu letteralmente sequestrata da quattro individui armati, che l’avevano costretta a salire su un’altra auto, ma che era poi riuscita a sfuggire lanciandosi dall’auto in corsa. In quei frangenti l’imprenditore aveva riconobbe uno dei rapinatori, poi identificato in Antonio Rubbio, che poco prima era entrato nell’esercizio commerciale per studiare i suoi movimenti e colpire nel momento in cui sarebbe uscito per riprendere l’automobile.

Rubbio, oltre che per la rapina, è indagato anche per il reato di autoriciclaggio, in quanto le indagini hanno permesso di accertare che lo stesso, all’indomani della rapina, smontò la macchina, per poi rivenderne i pezzi presso la rivendita di parti di ricambio nuove e usate di cui è titolare a Cerignola. Nei mesi successivi, poi, l’imprenditore fu avvicinato da DITOMMASO Stefano, il quale, in compagnia di altre persone, lo minacciarono rievocandogli la rapina subita, cercando di convincerlo, per la sua tranquillità e il quieto vivere, ad assumere presso la propria azienda un suo amico che stava per terminare un periodo di detenzione. Nell’occasione, l’imprenditore aveva temporeggiato, riuscendo, almeno per il momento, a sottrarsi alla richiesta. Questo diniego provocò un ulteriore episodio, ancora più grave e violento: nel mese di giugno 2016 DITOMMASO e un’altra persona si erano recati in un salone di bellezza dove, davanti a numerose persone, a volto scoperto, minacciarono apertamente l’imprenditore, addirittura puntandogli contro una pistola, pretendendo di sapere chi gli avesse riferito che fossero loro i responsabili della rapina subita nel dicembre precedente.

Per tutti questi reati la Procura della Repubblica di Bari ha contestato agli indagati l’aggravante dell’avere agito con il metodo mafioso. A DITOMMASO, inoltre, è stata contesta anche l’aggravante di aver commesso i fatti nei tre anni successivi alla sottoposizione alla sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno.

Gli arrestati sono stati associati al carcere di Foggia, a disposizione dell’Autorità Giudiziaria, mentre tutte le persone che nella vicenda hanno fornito testimonianze false o reticenti sono state a loro volta indagate per favoreggiamento personale aggravato.