31 pagine che svelano i rapporti esistenti tra la criminalità organizzata e l’amministrazione di Cerignola. Una relazione che spiega, nel dettaglio, i motivi che hanno portato allo scioglimento per mafia del Comune ofantino: a renderla nota, ieri,  è stato il Prefetto di Foggia, Raffaele Grassi, che ha ripercorso le tappe che hanno decretato la fine dell’esperienza amministrativa dell’ormai ex sindaco Franco Metta, dopo i lavori della commissione antimafia che, per oltre 6 mesi, ha passato al setaccio tutti gli atti del Comune. Tanti gli “omissis” all’interno del documento, che delinea tuttavia un quadro abbastanza chiaro circa l’esistenza di gruppi criminali operanti nell’area ofantina. Su tutti i clan Piarulli-Mastrangelo-Ferraro e Ditommaso.

Il dossier ruota attorno alla figura del primo cittadino, citato in diverse occasioni. Ad esempio nel caso del matrimonio di un noto pregiudicato locale, condannato per mafia, celebrato dallo stesso Metta. Oppure in occasione dell’inaugurazione di un attività commerciale, la cui titolare è ritenuta elemento di spicco della criminalità organizzata.

Ma a finire sotto la lente d’ingrandimento della commissione è l’operato della struttura amministrativa, con gestioni, gare ed appalti concessi attraverso procedure poco chiare ad imprese vicine alla malavita. È il caso dell’affidamento dei lavori di recupero edilizio degli edifici comunali annessi all’ex caserma Nino Bixio, da adibire a casa di riposo per anziani: la ditta aggiudicataria, stranamente l’unica partecipante alla gara, è risultata vicina ad un affiliato ai clan.

C’è poi la vicenda dello stadio Monterisi: anche in questo caso, il documento è pieno di omissioni ma risulta chiaro che la gestione dell’impianto sia stata affidata ad una società legata alla criminalità. Uno dei consiglieri di amministrazione – riporta la relazione – è un imprenditore di Cerignola (del conosciutissimo gruppo Grieco, proprietario della squadra locale, l’Audace Cerignola), collegato alla figura di un pregiudicato, residente nel Milanese, ritenuto elemento di vertice di un noto clan.

Ma la malavita gestiva anche i parcheggi a pagamento sulle aree pubbliche, gli alloggi popolari (occupati da personaggi di spicco della criminalità) o la cultura: è il caso del “Laboratorio Urbano Officina delle Arti”, affidato ad un’associazione vicina ad una famiglia mafiosa.

Significativo il passaggio del dossier in cui si fa riferimento all’operato della macchina amministrativa: “Non si sono registrate iniziative concrete per rimuovere le situazioni di infiltrazione mafiosa, né si è fatto ricorso ai rimedi offerti dalla normativa antimafia”. Per il Prefetto a Cerignola si sarebbe verificata una sorta di “privatizzazione dei beni pubblici”.