Di lui si sono perse le tracce dal 9 marzo scorso quando, approfittando di una rivolta scoppiata nel carcere di Foggia (dopo la sospensione dei colloqui tra detenuti e familiari per le disposizioni anti Coronavirus), si era allontanato dal penitenziario in compagnia di una settantina di reclusi, scomparendo nel nulla. Tra i fuggitivi (tutti catturati nei giorni successive all’evasione) rimane l’unico ancora a piede libero e adesso la Procura di Foggia ha disposto nei suoi confronti l’esame del DNA.
Si tratta di Cristoforo Aghilar, il 37enne accusato dell’omicidio della madre della sua ex fidanzata, Filomena Bruno di 53 anni, uccisa a coltellate la sera del 28 ottobre 2019 nella sua abitazione di Orta Nova.
Un delitto annunciato, secondo molti, dato che, due giorni prima di essere assassinata, la vittima era stata avvicinata e minacciata dall’ex genero, intenzionato a sapere dove si nascondesse la compagna, che l’aveva lasciato.
In base a quanto stabilito dalla Procura foggiana, il prossimo 12 giugno sono stati fissati a Roma, presso il Ris dei Carabinieri, gli accertamenti sui reperti organici trovati in casa della donna e la loro comparazione con il DNA dell’assassino.
Si tratta di un accertamento importante per verificare la premeditazione di Aghilar nell’omicidio. Premeditazione che, secondo il legale della famiglia della vittima, Michele Sodrio, risulterebbe già ampiamente provata dagli elementi acquisiti nel corso delle indagini.
La presenza in casa di Filomena Briuno di elementi biologici riconducibili ad Aghilar, dimostrerebbe infatti che l’assassino si era appostato nell’appartamento della donna con l’intenzione di ucciderla. Non una circostanza da poco, in quanto la legge, in questo caso, prevede la pena dell’ergastolo e l’impossibilità di accedere al rito abbreviato.
























