Le dichiarazioni dei pentiti potrebbero rappresentare la svolta nel processo per l’omicidio di Rocco Dedda, il 46enne pizzaiolo foggiano, ritenuto vicino al clan Sinesi Francavilla e ucciso con tre colpi di pistola all’addome sull’uscio di casa il 23 gennaio del 2013. Quell’omicidio si incastra in una delle guerre di mafia tra clan contrapposti della cosiddetta “Società” foggiana, che contò nello stesso periodo 10 sparatorie, 3 morti e una decina di feriti in poco più di un anno. Per l’uccisione di Dedda è stato condannato all’ergastolo nel processo di primo grado il 45enne foggiano Giuseppe Albanese. Lo stesso Albanese, che si dichiara innocente ed è comunque ritenuto organico al clan Moretti-Pellegrino-Lanza, è stato inchiodato da un’altra testimonianza, quella resa nelle scorse ore nel processo d’Appello, in corso a Bari, dal viestano Gianluigi Troiano, ex affiliato della criminalità organizzata garganica che ha deciso di pentirsi. Fu Alessandro Moretti, nipote del boss Rocco Moretti, a confermargli in carcere che l’esecutore materiale di quell’omicidio era Giuseppe Albanese, ha spiegato il collaboratore di giustizia nella sua testimonianza. Quella conferma gli fu data da Moretti, il quale avrebbe riconosciuto Albanese dal modo di camminare dopo aver visto in tv il video diffuso dalla Polizia di Stato in cui venivano ripresi i due presunti killer in fuga. La testimonianza di Troiano si aggiunge a quella di altri pentiti, i foggiani Carlo Verderosa e Raffaele Bruno e l’ex boss di Altamura, Pietro Antonio Nuzzi.
Omicidio Dedda: il presunto killer inchiodato dalle dichiarazioni dei pentiti
Era stato ripreso in un video durante la fuga
