“Michele Fatone mi disse che sarei morto se non avessi cambiato i turni di lavoro al figlio, Raffaele”. E’ la ricostruzione choc fatta in Tribunale durante una delle tappe del processo “Giù le mani” da Domenico Manzella, il responsabile del personale di Ase, l’azienda che si occupa della raccolta di rifiuti a Manfredonia. Il procedimento giudiziario, diviso in più filoni, vede coinvolti, tra gli altri, anche alcuni ex esponenti dell’amministrazione comunale sipontina. Tra gli imputati di “Giù le mani” ci sono Michele e Raffaele Fatone, rispettivamente padre e figlio, dipendenti della società dei rifiuti e accusati di aver picchiato selvaggiamente Manzella a scopo ritorsivo. Quello stesso Manzella che sarebbe finito nel mirino dei Fatone dopo il conferimento, fatto dal presidente di Ase, dell’incarico di gestire il personale, con demansionamento proprio di Michele Fatone. Quest’ultimo avrebbe poi provveduto a minacciarlo di morte se non avesse cambiato i turni di lavoro del figlio. Una vicenda che a Manzella, dipendente di Ase sin dai primi anni 80, avrebbe causato anche problemi di salute, con attacchi di panico e insonnia. Dei Fatone – ha continuato Manzella – avevano timore anche altri dipendenti, almeno cinque di loro a suo dire sarebbero stati maltrattati. Proprio le vicende di Ase, peraltro, confluirono nella relazione che portò poi allo scioglimento per infiltrazioni, nel 2019, del Comune di Manfredonia.
























