Per ogni singolo voto venivano elargiti 30 euro in contanti, dopo aver dimostrato di aver “fatto la scelta giusta”, scattando una foto alla scheda elettorale. Tanto era disposto a pagare Danilo Maffei per garantirsi un posto nel consiglio regionale. È quanto emerge dall’ordinanza di custodia cautelare, firmata dal Gip del Tribunale di Foggia, che ha portato all’interdizione per un anno dai pubblici uffici del padre del candidato, Ludovico Maffei, accusato di minacce durante un’altra campagna elettorale, quella per le comunali di Foggia.

L’uomo, secondo l’accusa, approfittando del suo ruolo di presidente di Astra, una cooperativa che forniva servizi per gli asili comunali del capoluogo dauno, avrebbe minacciato di licenziamento le sue dipendenti se non avessero votato suo figlio Danilo, candidato e poi eletto consigliere alle elezioni amministrative del 2019.

L’anno successivo il politico foggiano ci aveva riprovato, prendendo parte alla corsa per le regionali, ma senza successo. In occasione di quella campagna elettorale – si legge nell’ordinanza del giudice – una dipendente della cooperativa ha raccontato di essere stata avvicinata da un conoscente, che le avrebbe promesso la somma di 30 euro se avesse espresso la propria preferenza per Danilo Maffei.

Per questa e altre vicende analoghe, legate alle elezioni regionali del 2020, 21 persone risultano indagate con l’accusa di corruzione elettorale, tra le quali lo stesso candidato. Secondo l’indagine della Digos, diversi elettori avrebbero fotografato la scheda elettorale in cabina per dare prova della preferenza espressa.

Quanto alle comunali dell’anno precedente, sempre secondo l’accusa, l’ex presidente di Astra avrebbe chiesto a ciascuna dipendente di garantire almeno 15 voti, tra parenti e amici, altrimenti avrebbero potuto dire addio al loro posto di lavoro.